Lo stabile in cui si sono svolti i fatti descritti in nelle pagine della mostra “Una rivolta in Manicomio” e che, oggi, porta il nome del Mezcal Squat fu costruito all’interno del Manicomio della Certosa reale di Collegno nel 1910. Si trattava di un padiglione (n°21) volutamente isolato e cinto da un muro ideato per la custodia dei cosiddetti pazzi criminali, in seguito divenuto sede di isolamento per malati di tubercolosi (TBC). Successivamente, nel 1978 venne approvata la legge 180, “Legge Basaglia”, per lo svuotamento e la chiusura di tutti gli Ospedali Psichiatrici.
Le chiusure avvennero gradualmente, nelle varie strutture della Certosa nel 1968 si passò da un numero di 4633 degenti a 1710 circa nel 1979.
Solo nel 1993 vennero chiusi gli ultimi quattro reparti, le restanti cento persone ancora ricoverate vennero mandate in comunità terapeutiche. Finisce così la storia del Manicomio e inizia quella dell’abbandono e di incuria duranta anni, se non decenni.
Il Padiglione dei pazzi criminali ha ospitato per quasi vent’anni una discarica abusiva di rifiuti di ogni genere, oltre che a fungere da riparo per senzatetto e migranti senza documenti.
Il 4 agosto del 2006 è stato occupato e riaperto da un gruppo di ragazz* formatosi negli squat anarchici torinesi, con l’obiettivo di creare uno spazio libero finalizzato a diverse attività come quelle di carattere politico, ricreativo, sportivo e divulgativo; provando così a rivoluzionare la propria vita partendo dalle singole azioni nel quotidiano con le pratiche dell’autogestione e dell’autocostruzione.
Le attività oggi, come allora, si basano tutte sulla condivisione, facendo a meno del denaro.